OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI PALERMO GIUSEPPE S. VAIANA
I rivelatori
Naturalmente, non basta fare convergere i raggi X nel fuoco di un telescopio, ma bisogna anche mettere sul piano focale uno strumento (rivelatore) capace di registrare la radiazione ricevuta dallo spazio, producendo immagini che gli astronomi possano analizzare. Esistono vari tipi di rivelatori, con diverse caratteristiche. Il più semplice è la lastra fotografica, come per le osservazioni nel visibile; questa però non ha una risposta lineare, come abbiamo detto, ma soprattutto non registra un segnale digitale che può poi essere trasmesso a terra via radio, e dunque non si può usare nei satelliti che orbitano senza fare più ritorno a Terra. Tra i rivelatori che vengono usati sui satelliti sono i contatori proporzionali, i rivelatori a microcanali, e i CCD. Tutti questi dispositivi contano i singoli fotoni X (quanti di luce) che arrivano; infatti, a queste energie la radiazione si manifesta più chiaramente sotto forma corpuscolare che sotto forma di onde, come invece avviene a lunghezze d'onda ottiche e radio, per esempio.
I contatori proporzionali (Figura 5) sono basati sulla proprietà dei raggi X di causare la ionizzazione del mezzo che attraversano. I fotoni X passano attraverso un gas, e ne ionizzano gli atomi (ne espellono elettroni) Gli elettroni liberati (carichi negativamente) sono accelerati da un campo elettrico, ed urtano a loro volta altri atomi del gas facendo loro perdere altri elettroni. In questo processo a cascata il numero di elettroni liberati a causa di un singolo fotone X (e dunque la corrente misurata sul catodo) dipende dall'energia del fotone stesso. E' così possibile misurare quest'energia: da ciò il nome di 'contatori proporzionali'. Se il catodo non è costituito da un'unica piastra, ma piuttosto da una griglia di fili incrociati, come nei rivelatori moderni, è anche possibile determinare la direzione di provenienza del fotone rivelato, producendo quindi immagini nei raggi X della parte di cielo osservata: un fotone che viene rivelato da un filo in posizione x e da un altro (perpendicolare al primo) in posizione y avrà coordinate (x,y) nell'immagine.
I rivelatori a microcanali sono invece basati su un principio diverso. Essi sono realizzati tagliando una sezione sottile di un fascio di tubicini di vetro di dimensione di qualche decina di micron (millesimo di millimetro). Ciascun tubicino costituisce uno dei `microcanali' dove un fotone X, urtando con le pareti, libera elettroni. Questi ultimi, sottoposti ad un forte campo elettrico, vengono ulteriormente accelerati lungo il canale, e per successive collisioni con le pareti producono una valanga di elettroni che vengono infine misurati come una corrente. Questo tipo di rivelatori fornisce poca o nessuna informazione sull'energia del fotone incidente, ma consente di misurarne la posizione con accuratezza maggiore dei contatori proporzionali.
Infine, i CCD, già presentati riguardo alle osservazioni ottiche, sono stati applicati solo di recente per osservazioni nei raggi X. Essi sono sottili `chips' di silicio, in linea di principio simili a quelli che costituiscono la memoria dei computer. I fotoni che penetrano nel chip generano ancora una volta elettroni, che stavolta restano intrappolati vicino alla posizione in cui vengono generati. L'elettronica di controllo procede poi periodicamente a `leggere' quanti elettroni vengono intrappolati in ciascuna posizione.